E’ passato un pò di tempo, ma ancora ricordo con piacere la gita verso Capriolo, comune di circa 8.000 anime a sud del Lago d’ISeo, terra di colline dolci e vigneti pregiati.
Il tutto è nato con una proposta: “Gabri che ne dici di fare un gita su un treno a vapore?”
E si, perchè le Ferrovie dello Stato hanno ancora in servizio alcune vecchie locomotive a vapore, tenute in servizio per gite e visite turistiche della “vecchia lombardia”
Ora, quale occasione migliore per salire su una vecchia locomotiva del 1930 (usata come treno porta rifornimenti durante la Seconda Guerra mondiale e successivamente come treno ospedale) se non quella della Sagra del Brasato?
Già dall’inizio del viaggio, partenza da stazione Lambrate, l’atmosfera era molto particolare: la locomotiva sferragliante sbuffava pennacchi di fumo cinereo e solo la frotta di bambini e persone armate di macchine fotografiche ricordava al mesto viaggiatore di non trovarsi in banchina in un qualsiasi anno degli inizi del 900.
Anche le carrozze, molto particolari e pulite, sono rimaste uguali e identiche a com’erano nel 1930: sedili in legno spartani, una porta per la discesa accanto a ogni posto, pubblicità d’epoca e lampade stile bell’epoque dalle curiose lampadine blu, utilizzate in guerra per attirare l’attenzione con la troppa luce.
Il viaggio verso Capriolo è stato piacevole: via lungo le dolci campagne lombarde, per poi scivolare sull’Adda e su, sino a Brescia e la nostra meta, dove una bella scarpinata ci attende.
Il treno ci lascia in un campo d’erba fuori dalla cittadina, e subito si inzia l’arrampicata verso l’abbazzia Sa il Cavolo ( di cui non ho foto causa impossibilità di fotografare dentro), lungo vicoli caratteristici e stretti dove ho potuto mettere alla prova le doti grandangolari del mio Sigma 12-24. Arrivati all’abbazzia dolo un lungo rompimento di coglioni di suora che ci ha fracassato con la lunghissima storia dell’ordine del Sa il Cavolo tutti giù, verso il centro di Capriolo, pronti a ingozzarci al ristorante.
Insomma grande merito al bis di primi e al vinello rosso che scorreva a fiumi, ma il brasato con polenta era veramente fenomenale, degno di un secondo e di un terzo assaggio.
Dopo una breve passeggiata per sturare il mattone nello stomaco che c’e’ di meglio di una visita a una tipica cantina della Franciacorta?
La zona di Franciacorta, che prende il nome da “curtes francae” ovvero corte franca, una comunità di monaci che erano esenti dai dazi dalla tassazione terrena durante l’Alto Medioevo (anche se leggenda narra che il nome sia stato battezzatto in occasione della breve conquista del territorio da parte di Carlo Magno, durante l’ottavo secolo), e famosissima e rinomata per i vini e per gli spumantini, tutti davvero gradevolissimi e pregiati, tanto da guardagnarsi la nomenclatura DOC ben prima di altre zone rinomate d’italia.
I vari pinot, brut, extrabrut e saten sono tanto pregevoli da poter gareggiare, se non surclassare, e ben più rinomati champagne francesi.
La visita alla cantina è stata molto suggestiva, e la guida ci ha informato sulle varie fasi della lavorazione e dell’invecchiamento del vino, ma il mio cervello era spento, e non vedeva l’0ra di un assaggio, che puntualmente è arrivato sul terrazzo ventilato della cantina: ovviamente mi sono scolato un paio di bicchierini prima di dire “hum certo, FRUTTATO, questo si che è spumante!”
Dopo l’assaggio…beh era tardi e dopo una corsa al treno (io e dani ci eravamo persi fra le viottole di Capriolo) pronti per tornare a Milano, ma non prima di scattare qualche foto dal finestrino del treno: lo ammetto, il paesaggio delle brughiere lombarde all’imbrunire ha su di me un fascino davvero particolare!